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Barone Mangiadori

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Mi chiamo Barone Mangiadori, fui un forte guerriero della parte guelfa di S. Miniato; il canonico Francesco Maria Galli-Angelini nel 1928, pervaso da vivido spirito nazionalista, allora era di moda, ha decorato le pareti di questo salone con le immagini di alcune celebrità sanminiatesi. Il canonico, come prima di lui i pittori neogotici del tardo Risorgimento, con l’illustrazione del Medioevo locale intendeva esaltare le virtù militari e culturali del popolo italico. Come ha scelto i suoi personaggi il Francesco Maria? Sospetto fortemente che si sia servito del libro Memorie Storiche di San Miniato, pubblicato da Giuseppe Rondoni nel 1876; in questo libro, che Galli-Angelini utilizzava forse come una specie di repertorio di modelli, io compaio alla pagina 67. Si dice di me che comandai alla battaglia di Campaldino una compagnia di cinquanta cavalieri di San Miniato e feci bellissimo combattimento arringando gli uomini prima dello scontro. Ci battemmo contro i ghibellini di Arezzo; tra i nostri c’era pure Dante Alighieri, giunto coi fiorentini di Corso Donati. Non so come si portò in battaglia; più tardi ebbe modo di far parlare molto di sé, certo non per virtù guerriera ma per altezza di ingegno.

Franco Sacchetti

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Sono Franco Sacchetti, fiorentino di patria ma nato in Dalmazia, dove mio padre esercitò la mercatura. Seguendo l’impresa di famiglia sono stato mercante e ho viaggiato molto e molto ho appreso. Forse per questo e per quel poco di ingegno che avevo, la Repubblica di Firenze mi affidò incarichi di fiducia come rappresentante dello Stato. Sono però più noto per esser stato scrittore; mi si ricorda in particolare per aver scritto il Trecentonovelle, la più importante raccolta di novelle italiane (dopo quella di Boccaccio, si intende, il maestro è inarrivabile!). Dicono che con le mie storie abbia raccontato bene lo spirito della gente di Firenze e dei comuni della Toscana. Perché mi trovo qui vi chiederete? Sono stato podestà di San Miniato nel 1392 e anche dopo e proprio qui ho scritto il mio capolavoro, qui sono morto nel 1400. Come Barone Mangiadori il canonico leggeva di me nel libro del Rondoni, in particolare alla pagina 105.

Francesco Sforza

A San Miniato, dicono, ci sono nato, figlio di Muzio Attendolo e di Lucia Terzani. La mia fama imperitura l’ho guadagnata altrove, sui campi di battaglia dell’Italia tutta. Fui capitano di ventura, come mio padre; lo superai nell’arte della guerra e in quelle, più sottili, della diplomazia. Arrivai a sposare, io rozzo soldato, Bianca Maria Visconti, la figlia del duca di Milano. Lui mi odiava e mi stimava e non poteva fare a meno del mio genio guerresco. Alla sua morte diventai duca a mia volta. Mio figlio, Ludovico il Moro, ha reso celebre in tutto il mondo un toscano di queste parti: Leonardo da Vinci. Anche io mi trovo nel libro del Rondoni, in una sezione appositamente dedicata. Galli-Angelini mi ha rappresentato come un altro celebre condottiero toscano, Guidoriccio da Fogliano. Il canonico si è ispirato all’affresco di Simone Martini che ritrasse il condottiero nel palazzo pubblico di Siena; mi ha reso alla moda del Cinquecento facendomi indossare il cappello cilindrico che portavano tutti i grandi di quel tempo. Il mio ritratto più famoso, in cui indosso proprio quel tocco rosso, si trova alla National Gallery of art di Washington, è un’opera di Francesco Bonsignori.

Michele Mercati

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Sono Michele Mercati, sanminiatese. Non mi si vede ma sono io che ho ispirato a Galli-Angelini la veduta della Rocca della città. La faccenda è un po’ complicata, bisogna che spieghi bene. Per le mie doti di studioso e di medico mi hanno apprezzato diversi papi. La mia opera più famosa è la Metallotheca Vaticana, un lavoro imponente che tratta di minerali, di fossili e di manufatti antichissimi; per questo sono stato considerato da molti il primo geologo e paleontologo dell’età moderna. Sisto V mi nominò protonotario apostolico, il suo successore, Clemente VIII, archiatra, cioè medico personale della sua persona. In segno di stima nei miei confronti papa Clemente fece aggiungere nella carta dell’Etrruria, nella galleria delle carte geografiche in vaticano che aveva fatto realizzare Gregorio XIII, la veduta di S. Miniato con la sua Rocca. Il canonico ha trovato questa notizia in un libro su di me, citato da Rondoni. Si tratta della Vita e delle opere di Michele Mercati juniore di Misael Pieragnoli, pubblicato nel 1853; da qui Galli recupera anche il testo del cartiglio che spiega la veduta; per questo copia l’immagine dall’affresco vaticano. Io per parte mia posso dire che nessuno dei moderni può aver conosciuto la Rocca quanto me: la comprai, ne sconsacrai la chiesa di S. Michele e lì, proprio nella chiesa sconsacrata, feci costruire la dimora in cui trascorsi tanti bei momenti di riposo dalle fatiche romane.