Collezione Archeologica
Museo civico Beata Diana Giuntini – Santa Maria a Monte
Inaugurata nel luglio 2024, l’esposizione archeologica rappresenta il traguardo di un lungo percorso, svoltosi fin da subito in costante accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno, iniziato con l’ampliamento dei vecchi locali del Museo mediante l’adeguamento a fini museali dell’edificio adiacente e il successivo ripensamento di tutti gli allestimenti già presenti. L’allestimento archeologico, collocato al primo piano del museo dal momento che i vani permettono sia l’interazione visiva sia l’accesso all’Area Archeologica, ha il pregio di raccogliere esponendoli tutti quei reperti provenienti da ciascuno scavo compiuto sul territorio comunale di Santa Maria a Monte. A partire da quello trentennale sulla Rocca, luogo da dove ha avuto origine l’insediamento, passando dallo scavo di Sant’Ippolito in Anniano, con la scoperta della Pieve del IV secolo, fino al sito dei Lavatoi di Valle Fontana e ai più recenti scavi per il rifacimento della pavimentazione di Piazza della Vittoria, da cui sono emersi interessanti reperti che saranno appunto musealizzati in questa nuova esposizione. A conclusione dell’esposizione è poi possibile usufruire di una passerella che dall’interno del Museo permette a tutti i visitatori, disabili inclusi, di poter raggiungere comodamente la cripta dell’Area Archeologica.
Le sale
sala romana
La prima sala illustra la storia del territorio partendo dall’età romana e tardo-antica, periodo nel quale preminente risulta essere la località di Sant’Ippolito in Anniano. Collocato in area pianeggiante, vicino al corso del fiume Arno, il toponimo stesso Annianum, connotato dal suffisso -anum, è la testimonianza più efficace della presenza romana nelle campagne, con la conservazione nei nomi delle località dei nomi degli antichi proprietari. Nel nostro caso il primo proprietario del luogo, con il suo gentilizio Annius, dette nome al luogo, il fundus Annianus. Annius dovette essere uno dei moltissimi veterani che, avendo combattuto per Augusto contro gli assassini di Cesare e dopo aver fondato la vicina colonia di Lucca, vennero ricompensati con l’assegnazione di territori, divisi in centurie. Anche la piana compresa fra Arno e Arme (Usciana) venne suddivisa in centurie, ossia quadrati di circa 710 metri per lato. Tale suddivisione era funzionale ad un razionale sfruttamento delle risorse agricole e, grazie ad un sistema di drenaggio tramite canali e fossati, ad assicurare la stabilità idrogeologica delle aree. All’interno di ciascuno dei lotti venne costruita una fattoria, abitata proprio dai veterani. La storia di Sant’Ippolito in Anniano comincia proprio con una fattoria, emersa contestualmente agli scavi archeologici condotti nell’area negli anni 2000. Le indagini hanno messo in luce una piccola parte dell’impianto per la produzione del vino della fattoria, con la stanza dove avveniva la pigiatura dell’uva (calcatorium) e la vasca di raccolta del vino (lacus). In più molti i reperti relativi alla vita dell’insediamento nella prima età imperiale, con oggetti legati alle mansioni della vita quotidiana in una fattoria del I secolo d. C.: tra questi, visibili nella collezione esposta in questa prima sala, significativi risultano il sostegno di una lampada ad olio in bronzo, un piccolo stilo in osso, impiegato per scrivere, ed un campanello (tintinnabulum) in bronzo, oltre a tutta una serie di frammenti di ceramiche sigillate italiche, contraddistinte al centro dal bollo con il nome del produttore.
Dopo una forte crisi vissuta dagli insediamenti inseriti nelle centurie, sulle rovine della fattoria rinvenuta viene costruito un grande edificio del quale rimangono solamente le fondazioni di un vasto ambiente dotato di abside. Successivamente, grazie anche al ritrovamento di numerose monete esposte coniate da Costantino fino all’impero di Giuliano l’Apostata, tra IV e V secolo d. C. quest’ultima struttura venne in parte demolita per far posto ad un secondo edificio, identificabile con certezza con una chiesa articolata in una grande navata unica a pianta rettangolare ed un’abside rivolta ad est. Infine, con il riconoscimento del Cristianesimo come religione dell’Impero e la conseguente costituzione di una struttura territoriale articolata in plebs, nel VI secolo d. C. l’edificio religioso viene interamente ricostruito, prevedendo un piccolo battistero, del quale è stato rinvenuto il fondo della vasca. In uso fino alla metà del X secolo, la chiesa era dotata al suo esterno di un cimitero “alla cappuccina”, del quale sono state individuate più di 120 tombe. Tra queste, l’unica sepoltura rinvenuta intatta con corredo apparteneva a una donna, le cui spoglie mortali furono ornate con due bracciali, visibili nell’esposizione: il primo un’armilla in bronzo ed il secondo formato da vaghi di ambra.
sala medievale
Il percorso, prevalentemente incentrato sui reperti provenienti dagli scavi compiuti nell’adiacente Area Archeologica, inizia con l’esposizione di un sarcofago chiuso da una lastra di ardesia, probabilmente risalente ad epoca romana, reimpiegato nel corso del Basso Medioevo come sepoltura privilegiata infantile, posto a contatto con le fondazioni esterne della Pieve di Santa Maria.
Si passa poi alla nascita dell’insediamento di Santa Maria a a Monte, villaggio di capanne sorto attorno alla chiesa dedicata a Santa Maria, citata a partire dal 787 d. C., e dalla quale provengono tutta una serie di frammenti lapidei con decorazioni ad intreccio (VIII-IX secolo).
A seguire, si da conto degli scavi condotti contestualmente ai lavori di riqualificazione di Piazza della Vittoria che, conclusi nel 2019, hanno messo in luce sia alcune fornaci per la fusione di campane (XII secolo) sia delle capanne in legno di forma circolare risalenti all’XI-XII secolo, collocate appena sotto il recinto fortificato del 906. Da queste ultime provengono numerosi materiali ceramici, come frammenti di brocche e tegami utilizzati per la cottura e conservazione dei cibi.
Proseguendo, l’esposizione racconta l’evoluzione del sito, con l’istituzione nel 1025 da parte del Vescovo di Lucca Giovanni II di una canonica regolare e il conseguente ampliamento della chiesa che, divenuta pieve battesimale, viene ristrutturata e ingrandita verso est con la costruzione di un transetto triabsidato dotato di cripta ad oratorio. Molti anche in questo caso i frammenti di ceramica (XI-XIII secolo), ma su tutti spiccano due reperti, entrambi provenienti da quella che doveva essere una Pieve molto ricca: un frammento scultoreo di rilievo lapideo, dell’arredamento liturgico, e alcune parti di intonaco dipinto, testimoni di un ciclo di affreschi databile al XIII secolo.
Infine, tramite immagini con ricostruzioni 3D, i pannelli riproducono le fattezze dell’antico castello di Santa Maria a Monte: dalla fortificazione lucchese in mattoni, avvenuta alla metà del Duecento, fino al 1327, anno della conquista da parte dei fiorentini, i quali procedettero a dotare la sommità della collina di un ridotto militare, a spese della Pieve.
Sala tardo-medievale e moderna
La sala espone dapprima diversi reperti che ricordano sia il passato militare della Rocca, come punte di freccia e di berrettone (XIII-XIV secolo), o come proiettili litici (XIV-XV secolo), sia la vita quotidiana della guarnigione della fortezza, come oggetti di uso comune, quali una scodella (XIII secolo) ed un boccale ((XIV secolo), entrambi in maiolica arcaica, oppure frammenti di boccali e scodelle in maiolica policroma di Montelupo Fiorentino (XV secolo).
Gli scavi di Piazza della Vittoria hanno poi restituito le fondamenta quadrangolari della Torre di Porta Guelfa, posta a presidio dell’omonimo accesso a monte del castello, costruita nel XIV secolo e ancora presente nella planimetria ottocentesca del Catasto Leopoldino.
Tra XV e XVII secolo la Rocca ed il castello perdono la loro funzione militare. Inglobata la fortezza nell’abitato, la zona della Pieve continua tuttavia ad essere utilizzata come luogo di sepoltura, la cui funzione di cimitero viene testimoniata dall’esposizione di oggetti provenienti dal corredo funebre, come bottoni e borchie in bronzo, anelli in argento (databili al XV secolo), oppure vaghi di collane in bronzo (XVI secolo), medagliette devozionali (XVI-XVII secolo), fibbie in bronzo e fusaiole in ceramica (XVII secolo).
Numerosi sono poi i reperti provenienti dallo scavo della Rocca che permettono di ricostruire usi e oggetti che permettono di ricostruire la vita del tempo. Fra questi, due frammenti di un catino in ceramica priva di rivestimento (XVI secolo), oppure molteplici fondi di piatti o scodelle in ceramica del Basso Valdarno (XVI-XVII secolo), tutti contraddistinti dalla presenza di decori a stemmi nobiliari.
Infine, la sala introduce all’età contemporanea tramite una parete fotografica di immagini inedite, provenienti dagli archivi della Soprintendenza di Pisa, riguardanti il crollo della Rocca, avvenuto nel maggio del 1950. Un evento che distrusse per sempre ciò che rimaneva della fortificazione sommitale, ma che permise di scoprire strutture sotterranee che poi dettero avvio alle successive indagini archeologiche. Il tutto, completato con un’installazione raffigurante un estratto della planimetria leopoldina, sulla quale sono state realizzate in scala ed in 3D, le strutture difensive e gli edifici storici dell’antico castello, come la torre campanaria attuale e la Pieve altomedievale di Rocca.
Sala contemporanea
Una prima parete attrezzata espone gli ultimi reperti provenienti dall’Area Archeologica. Dopo il trasferimento del cimitero fuori dal centro, tutta la parte sommitale della collina viene trasformata in area ortiva. Numerosi sono i reperti che si riferiscono proprio a quest’ultima fase di vita del sito, prima dell’abbandono provocato dalla frana del 1950: prevalentemente sono oggetti di uso agricolo, come falcetti e picconi in ferro (XIX secolo), o di uso quotidiano, come il catino in ceramica maculata, la pentola in ceramica ingobbiata, coltelli, bicchieri (XIX-XX secolo), oppure oggetti che si rifanno alle abitudini del tempo, quali pipe e biglie in ceramica.
La seconda parete ospita invece i reperti provenienti dallo scavo condotto presso il lavatoio posto in località Valle Fontana, fuori dal borgo. Costruito agli inizi dell’Ottocento, fu riportato alla luce nel 2004: esso era costituito da una serie di vasche comunicanti con, al centro, la vasca principale a pianta quadrata, sormontata da una tettoia in legno. In questo contesto, sono visibili numerosi materiali che, recuperati nel corso dello scavo perché perduti o negli abiti lavati o dalle persone che utilizzavano il manufatto, sono databili dalla metà del XIX secolo alla metà del secolo successivo: tra questi monete in rame e in bronzo, medagliette e croci devozionali in argento, anelli e ditali in bronzo, frammenti di scodelle, piatti e tegami.












